Sunday , December 22 2024
Home / Stavros Mavroudeas Blog / Crisi economiche e crisi dell’economia: L’economia politica come alternativa realistica e credibile – Stavros Mavroudeas

Crisi economiche e crisi dell’economia: L’economia politica come alternativa realistica e credibile – Stavros Mavroudeas

Summary:
Traduzione italiana del mio documento ‘‘Economic Crisis and the crisis of Economics: Political Economy as a realistic and credible alternative’‘ Mille grazie a Francesco Maccelli Crisi economiche e crisi dell’economia: L’economia politica come alternativa realistica e credibile   Stavros Mavroudeas Professore di Economia Politica Traduzione italiana di Francesco Maccelli Questo video si concentra sulle crisi della disciplina economica e sulla rilevanza dell’Economia politica come alternativa credibile e realistica. L’ultima Grande Recessione capitalistica del 2008 ha riaperto un dibattito a lungo dimenticato sulle questioni delle crisi economiche dalla tradizione dominante nella teoria economica, ovvero l’Economia. Quest’ultima – ovvero, lo studio delle società che si astrae dalle

Topics:
Stavros Mavroudeas considers the following as important: , , , , ,

This could be interesting, too:

Stavros Mavroudeas writes ‘Is Neoliberalism still the dominant political economic paradigm in the West?’ – S.Mavroudeas, 14th World Socialism Forum, Beijing

Stavros Mavroudeas writes Lenin as a political economist – S.Mavroudeas, plenary meeting of the 17th WAPE Forum (Athens 2-4 August 2024)

Stavros Mavroudeas writes Marxian Economics Award acceptance speech – S.Mavroudeas

Stavros Mavroudeas writes 17th WAPE Forum – Panteion University 2-4 August 2024

Traduzione italiana del mio documento ‘‘Economic Crisis and the crisis of Economics: Political Economy as a realistic and credible alternative’

Mille grazie a Francesco Maccelli

Crisi economiche e crisi dell’economia:

L’economia politica come alternativa realistica e credibile

 

Stavros Mavroudeas

Professore di Economia Politica

Traduzione italiana di Francesco Maccelli

Questo video si concentra sulle crisi della disciplina economica e sulla rilevanza dell’Economia politica come alternativa credibile e realistica. L’ultima Grande Recessione capitalistica del 2008 ha riaperto un dibattito a lungo dimenticato sulle questioni delle crisi economiche dalla tradizione dominante nella teoria economica, ovvero l’Economia. Quest’ultima – ovvero, lo studio delle società che si astrae dalle relazioni sociale e politiche, come un “gioco” tra individui e non tra classi sociali – ha fallito, sia nella variante ortodossa (Neoclassica) sia in quella eterodossa (Keynesiana) nel comprendere e in confronto alla crisi del 2008. Questa è una ripetizione del passato in quanto l’Economia non ha saputo interpretare o prevedere le principali crisi precedenti. Nella fattispecie, la versione ortodossa considera il capitalismo come un sistema perfetto dove le crisi sopraggiungono solamente perché è avvenuto uno spostamento dal “normale” equilibrio di mercato. Nella versione eterodossa il capitalismo, in accordo con la sua natura anarchica è soggetto a crisi, ma l’esistenza di contrappesi, ovvero gli Stati, può garantire il ripetersi di tali episodi. Entrambe le tradizioni hanno fallito completamento quando le crisi hanno colpito sia economie dai principi liberisti sia regolamentate. Dall’altra parte, l’Economia politica – l’altra grande tradizione presente nella teoria economica – propone una comprensione credibile e realistica della società e dell’economia. Quest’ultima non si basa su individui ma su classi sociali antagoniste. Questa lotta di classe dentro al perimetro dell’economia ha una natura sociale intrinseca ed è necessariamente legata alla politica. Pertanto, l’Economia Politica sostiene un’analisi unificata dell’economia, della società e della politica. All’interno di quest’ultima, la tradizione marxista identifica il capitalismo come un sistema instabile, che alterna periodi di boom a periodi di crisi. Questo è il normale funzionamento del sistema nel suo complesso in quanto presenta fluttuazioni cicliche (cicli economici). In questa visione, le crisi non sono aberrazioni ma normali fasi. Inoltre, l’intervento statale può influenzare l’aprirsi di crisi e le sue evoluzioni, ma non può mai estinguere la loro esistenza. In tal senso sostengo che questo quadro analitico ha un potere esplicativo maggiore dell’Economia.

I punti principali

Storicamente il pensiero economico si è diviso tra due principali approcci alternativi: l’Economia politica e l’Economia. La seguente tabella riassume le differenze fondamentali dei due orientamenti.

Tabella 1. I due principali approcci    
  Economia Politica Economia
Agenti Classi sociali. L’economia è un ‘gioco’ sociale Individui. L’economia è un ‘gioco’ tra individui
Focus principale Produzione Circolazione (e solo quello coinvolto negli scambi di mercato)
Quadro analitico Sistema duale: valore (lavoro) determina prezzi Prezzi determinati dai prezzi
Analisi dell’economia in relazione alla società e alla politica In un quadro unificato Separatamente

L’Economia è lo studio dell’economia in astrazione rispetto alle relazioni sociali e politiche, come un ‘gioco’ tra individui. Non possono esserci gruppi sociali poiché ogni individuo è diverso dall’altro. Tuttavia, queste totali differenze individuali obbediscono miracolosamente alla stessa norma comportamentale, ovvero minimizzando i costi e massimizzando l’utilità. Al contrario, l’Economia Politica considera l’economia come un processo sociale; quindi un ‘gioco’ tra classi sociali, con la presenza di antagonismo e differenti regole comportamentali.

Ognuno dei due approcci alternativi è suddiviso in due correnti, come mostrato nella Tabella 2.

Tabella 2. Sottodivisione dei due principali approcci  
Economia Politica Economia
Economia Politica Classica (Smith e Ricardo) Neoclassici
Economia Politica Marxista Keynesiani

Fino dalla fine del diciannovesimo secolo, l’Economia è divenuta la variante dominante all’interno della disciplina. Infatti, costituisce l’Ortodossia o il Mainstream della disciplina. L’Economia Politica ha continuato ad esistere (soprattutto sotto forma di Economia politica Marxista e Radicale) ma è stata relegata nel ‘sottomondo’, esclusa dalle posizioni dominanti dei processi decisioni della politica economica. Tuttavia, a causa della sua natura individualista e delle sue assunzioni fondamentali non realistiche (mercati perfetti, ecc.), l’Economia è stata segnata dai conflitti interni. Questi problemi sono particolarmente evidenti durante le grandi e prolungate crisi economiche ed è a questo punto che subentra la tradizione eterodossa. Quest’ultima ha alcuni punti in comuni con l’Ortodossia, ma si discosta da essa in altri.

Dalla metà degli anni ’80 il pensiero economico e la politica sono sempre più stati egemonizzati da tipi di teoria Neoclassica molto dogmatici e conservatori, di solito etichettati come neoliberismo. Le aspettative razionali, l’infatuazione matematica senza considerazioni sul realismo, la credenza in un perfetto funzionamento dei mercati sono le sue principali caratteristiche. In questo solco, il Keynesismo, la precedente ortodossia, divenne un filone eterodosso.

Tuttavia, il neoliberismo, a cause delle sue ipotesi non realistiche – ha seri problemi nell’istruire la politica economica. Pertanto, anche prima della crisi capitalistica globale del 2008, fu creata una nuova ortodossia. Questo è quello che ho chiamato il Nuovo Consenso Macroeconomico (NCM), che è un ibrido tra un lieve neoliberismo e il nuovo keynesismo conservatore. In breve, il NCM è keynesiamo nel breve termine, accettando l’esistenza così di attriti e disequilibri e quindi l’intervento in politica economica, e neoliberale nel lungo periodo, puntando sulle aspettative razionali e nei mercati auto-regolanti.

Al contrario, la Grande Recessione del 2008 e le sue conseguenze hanno fatto a pezzi la credibilità di questa nuova ortodossia e ha mostrato ancora una volta la palese ed intrinseca incapacità dell’Economia di comprendere, prevedere e affrontare le crisi economiche.

Vi sono ampie prove di questo fallimento: in questo senso, i Neoclassici avevano preannunciato la fine dei cicli economici. In particolare, il Fondo Monetario Internazionale nell’ottobre 2007 ha dichiarato che “nelle economie avanzate le recessioni sono praticamente scomparse nel secondo dopoguerra”.

E poi è sopravvenuto lo stupore: il vincitore del Premio Nobel e principale economista neoclassico di Chicago, Eugene Fama ha dichiarato che “non sappiamo che cosa causa le recessioni. Non sono un macroeconomista, quindi non mi sento in difetto per questo. Non l’abbiamo mai saputo. Ancora oggi continuano i dibattiti su ciò che ha causato la Grande Depressione. L’economia non è molto brava a spiegare le oscillazioni dell’attività economica… Se avessi potuto prevedere la crisi, lo avrei fatto. Non le vedo. Mi piacerebbe sapere di più cosa provoca i cicli economici”.

Il fallimento dell’Economia, in entrambi le varianti (Ortodossi e Eterodossi), nel comprendere le crisi economiche deriva dalla sua stessa metodologia. La tabella 3 riassume il percorso principale degli approcci delle scuole del pensiero economiche al problema delle crisi economiche

Crisi economiche e crisi dell’economia:  L’economia politica come alternativa realistica e credibile  – Stavros Mavroudeas

Essenzialmente, il Neoclassici credono che il capitalismo è un sistema perfetto, un orologio svizzero, che non fallirà mari e che non cade in crisi. Queste ultime sopraggiungono perché alcuni agenti non seguono il normale comportamento del mercato, distorcendo il perfetto funzionamento di esso. Il capitalismo è intrinsecamente perfetto e auto-equilibrante.

I Keynesiani ritengono che il capitalismo può cadere nelle crisi per colpa della sua natura anarchica che consente agli agenti di funzionare in modo irregolare. Tuttavia, una supervisione dello Stato nazione può evitare crisi o risolverle. Il capitalismo è il miglior sistema economico possibile, ma deve essere salvato dalle sue stesse contraddizioni.

Questi due approcci hanno fallito non solo nell’ultima crisi, ma anche in quelle precedenti. Il loro tracollo deriva dalle loro basi comune all’interno della tradizione dell’Economia:

  • La comprensione dell’economia è un ‘gioco’ tra individui che non riescono a interpretare la sua dimensione sociale e, in particolare, il loro ruolo di lotta di classe. Non riescono a collegare i processi economici a quelli sociali e politici.
  • La loro convinzione che il capitalismo sia il miglior sistema socioeconomico porta a ignorare le sue carenze e contraddizioni fondamentali o a pensare che possano essere corrette.
  • La loro enfasi sulla sfera della circolazione ignora che la base dell’economia è la sfera della produzione. Pertanto, sia il neoclassicismo che il keynesismo ignorano il ruolo critico della redditività – il tasso di profittabilità e il totale dei profitti – nell’economia capitalistica. Di conseguenza, questi due approcci non sono in grado di discernere come una caduta della redditività proti alla crisi economica.

Contrariamente a questi ultimi, l’Economia Politica propone una comprensione più realistica e credibile dell’Economia. Quest’ultimo non è un ‘gioco’ tra individui ma tra classi sociali antagoniste. La lotta di classe all’interno dell’economia ha una natura sociale intrinseca ed è naturalmente legata alla politica. Infatti, l’Economia Politica sostiene un’analisi unificata dell’economia, della società e della politica.

All’interno dell’Economia Politica, la tradizione Marxista offre una teoria della crisi molto realistica, sofisticata e coerente. Sostiene che il capitalismo è un sistema che alterna periodi di crescita a periodi di crisi. Questo è il normale funzionamento del sistema in quanto presenta fluttuazioni cicliche, ovvero cicli economici. Pertanto, le crisi non sono un’aberrazione ma una caratteristica. In questo senso, l’intervento statale può influenzare il dispiegarsi e l’evolversi delle crisi, ma non può estinguere la loro esistenza.

I punti principali della teoria marxista delle crisi possono essere riassunti come segue:

  • Le crisi economiche fanno parte del normale funzionamento del sistema capitalistico, cioè hanno cause sistemiche o endogene.
  • Ciò implica che le crisi sono un evento comune e frequente, ovvero un fenomeno ricorrente.
  • Ciò però non implica che il capitalismo sia in crisi continuamente, né che è destinato a crollare a causa di un più semplice effetto economico. Il capitalismo passa da periodi di boom a periodi di recessione. Questa successione di cicli provoca le fluttuazioni dell’attività economica (cicli economici) ed è espressa sia nei cicli di breve che in quelli di lungo periodo.
  • Le cause sistemiche delle crisi derivano dalla sfera dominante della produzione. Esprimono le contraddizioni dell’accumulazione capitalista e operano anche senza gli effetti della lotta di classe. In breve, le crisi compaiono anche senza la militanza dei lavoratori e la loro contrapposizione ai capitalisti.
  • La causa sistemica delle fluttuazioni economiche sia di breve che di lungo periodo è il tasso di profitto. La profittabilità è lo scopo e, quindi, il fattore determinante nel funzionamento del sistema capitalista. Pertanto, le sue fluttuazioni determinano sia i cicli a breve sia quelli a lungo termine dell’accumulazione di capitale, espresse grossolanamente nelle fluttuazioni degli investimenti e del PIL.
  • La regola di base che determina il movimento del profitto è la legge di tendenza della caduta del saggio di profitto individuata da Marx. Questo meccanismo fornisce l’essenza centrale coesiste nella lotta continua con una serie di tendenze contrarie. La loro interazione provoca sia le fluttuazioni di lungo periodo, ovvero l’alternanza di periodi d’oro di forte crescita e di fasi di crisi strutturali, sia le fluttuazioni di breve periodo, che alternano crescita e crollo.
  • La competizione intra-capitalista si svolge in funzione dei tassi di profitto, mettendo in relazione i capitalisti. Il cambiamento tecnico, in tal senso, è il principale fattore determinante del vantaggio competitivo in questa corsa tra produttori. Questo ruolo cruciale attribuito al cambiamento tecnologico differenzia Marx sia da Adam Smith sia da David Ricardo.
  • Le crisi sono sia un’espressione dei problemi del capitalismo, sia un meccanismo di rettifica interno a tale sistema.
  • I problemi: il successo stesso del sistema, cioè la sua eccessiva accumulazione di capitale, causa il suo fallimento, ovvero l’incapacità di continuare ad accumulare. La sua sovrapproduzione lo porta a superare i suoi limiti sociali e tecnici in un periodo dato.
  • La rettifica: un processo di distruzione e ri-costruzione, partendo dalla scomparsa di una parte del sistema per lasciare spazio ad un nuovo fenomeno.

Questo quadro analitico ha un potere esplicativo maggiore di quello dimostrato dall’Economia come il dibatto sulla recente crisi globale ha confermato.

Stavros Mavroudeas
He is currently Professor of Political Economy at the Department of Social Policy of Panteion University. He was previously Professor of Political Economy at the Department of Economics of the University of Macedonia. He studied at the Economics Department of the National Kapodistriakon University of Athens, from where he received his BA Economics (1985 - First Class Honours).

Leave a Reply

Your email address will not be published. Required fields are marked *