Tuesday , March 19 2024
Home / Stavros Mavroudeas Blog / INTERVISTA A STAVROS MAVROUDEAS SULLA PANDEMIA E LE SUE CONSEGUENZE SULL’ECONOMIA E IL LAVORO – Bollettino Culturale

INTERVISTA A STAVROS MAVROUDEAS SULLA PANDEMIA E LE SUE CONSEGUENZE SULL’ECONOMIA E IL LAVORO – Bollettino Culturale

Summary:
Https://bollettinoculturale.blogspot.com/2021/07/intervista-stavros-mavroudeas-sulla.html   Sabato 24 luglio 2021 INTERVISTA A STAVROS MAVROUDEAS SULLA PANDEMIA E LE SUE CONSEGUENZE SULL’ECONOMIA E IL LAVORO Stavros Mavroudeas, economista marxista greco che insegna alla Panteion University of Social and Political Sciences di Atene, discute con noi della pandemia e delle sue conseguezne sull’economia europea e greca. 1. Come giudichi la gestione della pandemia in Unione Europea? 1. Come ho affermato altrove, la pandemia da COVID -19 è una crisi gemella. La crisi economica stava già ribollendo (perché il capitalismo non è riuscito a svalutare adeguatamente i capitali dopo la crisi del 2008) e il coronavirus ha innescato e aggravato questa crisi. La risposta

Topics:
Stavros Mavroudeas considers the following as important: ,

This could be interesting, too:

Peter Radford writes Weekend read – The trouble with words

Dean Baker writes In a free market, drugs are cheap, government-granted patent monopolies make them expensive

Lars Pålsson Syll writes I heard there’s some good shit on TV tonight …

Dean Baker writes Is “greedflation” over?

https://bollettinoculturale.blogspot.com/2021/07/intervista-stavros-mavroudeas-sulla.html

 

Sabato 24 luglio 2021

INTERVISTA A STAVROS MAVROUDEAS SULLA PANDEMIA E LE SUE CONSEGUENZE SULL’ECONOMIA E IL LAVORO

INTERVISTA A STAVROS MAVROUDEAS SULLA PANDEMIA E LE SUE CONSEGUENZE SULL’ECONOMIA E IL LAVORO – Bollettino Culturale

Stavros Mavroudeas, economista marxista greco che insegna alla Panteion University of Social and Political Sciences di Atene, discute con noi della pandemia e delle sue conseguezne sull’economia europea e greca.

1. Come giudichi la gestione della pandemia in Unione Europea?

1. Come ho affermato altrove, la pandemia da COVID -19 è una crisi gemella. La crisi economica stava già ribollendo (perché il capitalismo non è riuscito a svalutare adeguatamente i capitali dopo la crisi del 2008) e il coronavirus ha innescato e aggravato questa crisi. La risposta dell’UE è stata simile a quella degli Stati Uniti, ma con una marcata differenza nella «potenza di fuoco» politica. Come dopo la crisi del 2008, gli Stati Uniti e l’UE hanno intrapreso politiche social-liberali (quindi politiche non neoliberiste) dettate dall’ormai dominante New Keynesian Macroeconomic Consensus. Queste politiche implicano tipiche misure keynesiane: politica fiscale espansiva e politica monetaria accomodante. Implicano anche un insulto al neoliberismo: una politica industriale discreta. Tuttavia, e contrariamente alla «sinistra» miope e riformista anti-neoliberista, queste politiche sono neoconservatrici e non a favore del lavoro e della classe operaia. Condividono con il neoliberismo l’onere sul lavoro, ma si allontanano radicalmente dal neoliberismo utilizzando attivamente il settore pubblico per sostenere la redditività capitalista.

Come ho già detto, l’UE ha seguito questa strada. Ma le «munizioni» utilizzate (cioè l’espansione fiscale e monetaria) sono nettamente inferiori a quelle impiegate dagli Stati Uniti. Ciò deriva da due fattori:

(a) La Germania (e il blocco «prudente» che la circonda) non vuole espandere molto questi pacchetti poiché portano l’onere principale per il loro finanziamento.

(b) Gli Stati Uniti hanno più margini di manovra a causa del ruolo dominante del dollaro come principale valuta di riserva mondiale.

2. Pensi che i soldi del NGEU rappresentino un potenziale radicale mutamento delle politiche economiche europee o l’emergenza verrà usata per una transizione ad un modello di società peggiore di quella pre-Covid?

2. Come ho già sostenuto, queste politiche neoconservatrici social-liberali non miglioreranno la posizione dei lavoratori. La NGEU è uno strumento per ristrutturare il capitalismo europeo di fronte agli antagonismi di Stati Uniti e Cina. Le sue priorità privilegiano specifici interessi settoriali (dettati grossolanamente dai principali conglomerati dell’UE) e seguono una strategia industriale che aspira a rafforzare la loro posizione nei confronti delle loro controparti statunitensi e cinesi.

La NGEU obbedisce alla direttiva di creare «campioni europei» (cioè grandi conglomerati multinazionali europei in grado di confrontarsi con i concorrenti statunitensi e cinesi). Pertanto, porterà ad una maggiore concentrazione e centralizzazione del capitale (cioè oligopolizzazione e monopolizzazione). Ciò colpirà duramente i capitalismi periferici e mediterranei che sono caratterizzati da un enorme strato di imprese di medie dimensioni. Per quanto riguarda il lavoro, non vi è alcun impegno ad aumentare i salari. Al contrario, la ripresa pianificata si basa sul contenimento dei costi salariali. Certo, il capitalismo può fare piani, ma è anche pieno di contraddizioni. Così, a causa di questa violenta ristrutturazione capitalistica, appare oggi – almeno per quanto riguarda il lavoro specializzato – una mancanza di offerta di lavoro che si traduce in un aumento dei salari in questi settori.

3. Per il futuro post-pandemia, pensi sia una strategia da sostenere quella del Green New Deal? Negli ultimi mesi ci sono state molte discussione interne ai sindacati in Italia sull’uso di questo tipo di politiche economiche per creare posti di lavoro ben remunerati per i laureati, favorire una situazione di piena occupazione da associare alle politiche di “lavoro garantito”. Te cosa ne pensi?

3. Il Green New Deal è parte integrante di questa ristrutturazione capitalista social-liberale neoconservatrice. È stato promosso come il New Deal keynesiano dei nostri tempi. E la maggioranza miope e riformista della «sinistra» occidentale si è immediatamente lanciata su di esso, agendo come i migliori propagandisti del capitalismo. Il Green New Deal è in gran parte una strategia industriale cripto-protezionista che mira a sostenere i capitali occidentali contro la sfida della Cina e dei mercati emergenti.

È verde solo di nome in quanto oscilla tra (a) respingere i concorrenti (con credenziali verdi peggiori) e (b) non danneggiare gli interessi acquisiti dei capitali occidentali (imponendo dure restrizioni verdi). I recenti conflitti normativi in ​​materia di energia e logistica sono casi esemplari.

Non prevede aumenti salariali. Questa è una fantasia della maggioranza della «sinistra» occidentale riformista. Al contrario, a causa della ristrutturazione capitalista che essa comporta, molti posti di lavorno andranno perduti. In Grecia abbiamo l’esempio della brusca chiusura delle fabbriche di elettricità a lignite. Ciò ha aumentato i costi dell’energia elettrica per l’economia greca (che si ripercuotono sulle bollette dei consumatori e aumentano la povertà energetica) e sta devastando le regioni con la lignite (causando un aumento della disoccupazione e della povertà). Naturalmente, d’altra parte, favorisce specifici interessi imprenditoriali con enorme influenza sui governi greci (SYRIZA inclusa).

Non c’è piena occupazione e aumento dei salari nella favola del Green New Deal. I sindacati che giocano a questo gioco sono semplicemente pedine del capitale. Se si dà un’occhiata alla letteratura ambientalista tradizionale, si scoprirà che si insiste molto sul fatto che l’esistenza dei sindacati è anti-ambientalista perché favoriscono i salari rispetto alle politiche verdi. La conclusione è che questi due elementi sono in contraddizione.

4. La pandemia ha messo in luce le carenze del welfare in Europa dovute alle politiche di austerità dei decenni passati. Pensi che questa esperienza possa essere utilizzata per riformare in meglio il welfare? Alcune organizzazioni comuniste hanno anche fatto emergere il tema di un reddito universale di base per risolvere i problemi legati all’assenza di reddito creati dal lockdown. Pensi sia una soluzione praticabile e con cui risolvere anche il problema della disoccupazione in Europa o piuttosto che rappresenti una rassegnazione nei confronti degli alti tassi di disoccupazione dei nostri paesi?

4. Nel breve e nel medio periodo si registra un aumento dei finanziamenti al settore della sanità pubblica perché è l’unico in grado di affrontare la pandemia. Tuttavia, le aree più redditizie (vaccini, farmaci, ecc.) sono state mantenute nelle mani del settore privato e sovvenzionate con denaro pubblico. Mi aspetto che, una volta che la pandemia si sarà calmata, si invertirà almeno in parte l’espansione del settore sanitario pubblico e rinvigorirà la quota del settore sanitario privato.

Per quanto riguarda il sistema di welfare in generale, il liberalismo sociale non è migliore del neoliberismo. Anche il liberalismo sociale vuole contenere la spesa pubblica; soprattutto nelle economie occidentali che invecchiano. Tuttavia, è più intelligente del neoliberismo e comprende che il settore pubblico deve essere la spina dorsale del sistema e sostenere i costi principali. Inoltre, è richiesta quella rigorosa regolamentazione da parte dello stato o degli organismi parastatali (come le famigerate autorità di vigilanza indipendenti) altrimenti i capitali privati causeranno il caos.

Sono totalmente in disaccordo con l’idea del reddito universale di base. È una proposta neoconservatrice lanciata inizialmente da M.Friedman. È considerato sia dai social-liberali che dai neoliberisti come una bassa rete di sicurezza per prevenire sconvolgimenti e rivoluzioni sociali. Funzionerà anche come disincentivo alle lotte per l’aumento dei salari. Ricorda la politica dell’impero romano di «panem et circenses” per tenere sottomesso il proletariato romano.

5. Recentemente in Grecia è stata prolungata la giornata di lavoro a dieci ore. Puoi spiegarci questa novità in quale piano di ristrutturazione del capitalismo greco rientra?

5. Questo è parte integrante delle politiche neoconservatrici di flessibilità del lavoro (che ancora una volta la maggior parte della miope e riformista «sinistra» occidentale ha sposato e propagandato). Prolungherà l’orario di lavoro effettivo a scapito della crescente disoccupazione. Aumenterà anche il tasso di plusvalore (cioè di sfruttamento del lavoro) in quanto viene praticamente abolito lo straordinario (che veniva pagato di più) e il lavoro extra non viene pagato ma ricompensato con ferie aggiuntive (!!!). Il piano del capitalismo greco è quello di sopprimere ulteriormente i costi salariali.

6. In Italia si sta discutendo in questi giorni sullo sblocco dei licenziamenti che erano stati bloccati dall’inizio della pandemia. I sindacati si sono opposti all’idea di uno sblocco selettivo in base alla situazione di ogni singolo settore chiedendo una riforma degli ammortizzatori sociali. Ci sono state discussioni simili anche in Grecia?

6. C’è una dichiarazione generale del governo sul bilancio pubblico che sostiene il suo esaurimento e, una volta passta la pandemia, queste misure di protezione dell’occupazione saranno ritirate. In Grecia, le aziende che hanno ricevuto sussidi e sostegno contro la pandemia sono state obbligate a non licenziare i propri dipendenti. D’altra parte, i loro lavoratori, una volta posti in sospensione dal lavoro (cioè lavoravano di meno) venivano pagati solo una frazione del loro salario normale. Al giorno d’oggi, molti portavoce imprenditoriali (in particolare dal vergognosamente disinibito settore turistico) sostengono che questi sistemi di protezione dell’occupazione sono disastrosi poiché i lavoratori preferiscono prendere questi sussidi invece di lavorare per salari magri in altri luoghi lontani dalla propria residenza.

C’è un’altra complicazione. Questi sistemi di occupazione hanno facilitato trucchi statistici con il tasso di disoccupazione e quindi lo hanno mantenuto artificialmente basso. Ciò è necessario per il governo di Nuova Democrazia di destra che cerca di progettare un piano di doppia elezione probabilmente in autunno (sfruttando le pessime prestazioni di SYRIZA). L’aumento della disoccupazione non è positivo per questa strategia elettorale. Pertanto, il governo evita per il momento di eliminare questi sistemi di protezione dell’occupazione. Ma alla fine, elezioni o non elezioni, li abolirà.

I sindacati ufficiali (GSEE ecc.) in Grecia sono principalmente tirapiedi del governo e del capitale. Si svolgono quindi discussioni serie su questi temi e il pubblico non vi presta comunque attenzione.

7. In questa fase di ripresa delle attività economiche, gli imprenditori italiani stanno criticando il reddito di cittadinanza. I giovani preferiscono ricevere questo reddito piuttosto che salari molto bassi per molte ore di lavoro nel settore del turismo o della ristorazione. Invece che aumentare i salari, chiedono la cancellazione del reddito di cittadinanza. Questa vicenda rende plateale un problema: spesso si è poveri pur lavorando a causa di salari molto bassi. Secondo me, è un problema legato al sistema produttivo italiano specializzato in produzioni a basso valore aggiunto. Di conseguenza, molte aziende possono rimanere sul mercato o con i soldi pubblici oppure comprimendo i salari e i diritti dei lavoratori. Questi problemi, saranno accentuati dalle conseguenze della pandemia? Come dovrebbe intervenire su questi problemi una forza politica che difende i lavoratori?

7. Ho già risposto a questo nelle domande precedenti. Permettetemi di chiarire il mio punto di vista. I fallimenti e gli esuberi aumenteranno dopo la rimozione dei sistemi di protezione. Questo è il corso naturale di una crisi capitalista. I governi borghesi intervengono in questo ciclo cercando di scaricare parte del peso della crisi principalmente sui singoli capitali ma anche sul lavoro. Lo fanno perché temono che se la crisi avrà luogo senza alcuna protezione, il sistema dovrà affrontare il collasso economico e la rivoluzione sociale. Tuttavia, una volta superato lo zenit della crisi, i costi di queste politiche devono essere pagati. Non c’è pranzo gratis nel capitalismo e la Modern Monetary Theory (MMT), essenzialmente keynesiana, è totalmente sbagliata (per una critica vedi qui).

Il movimento comunista e la sinistra (degna di questo nome) dovrebbero perseguire una politica di classe contro il capitalismo e allo stesso tempo lottare perché il peso della crisi sia pagato dal capitale e non dal lavoro. Il sistema appartiene al capitale e, quindi, è il capitale (e non il lavoro) che deve pagare la sua crisi gemella (salute ed economia).

Ma la sinistra e il movimento comunista devono vedere chiaramente chi è il vero avversario. I lacrimosi anti-neoliberisti e gli appelli per un maggiore interventismo statale non sfidano le politiche capitaliste. Supportano semplicemente il cambio degli amministratori del sistema. Il neoliberismo è morto e lo Stato borghese – che non è mai uscito su questioni cruciali – è già tornato. Ma l’ortodossia social-liberale di oggi promette semplicemente alla classe operaia alcune aspirine come cura per i tumori socio-economici che il sistema crea. È questo interventismo statale di ritorno che sostiene generosamente il capitale e cerca di trasferire l’onere sui lavoratori. E sono le politiche neo-keynesiane dominanti che sono il veicolo di questo cambiamento oggi. La sinistra e il movimento comunista devono lottare contro tutte le forme di ristrutturazione capitalista; neoliberista e social-liberale e proporre il socialismo come unica alternativa credibile.

In termini di richieste di transizione, i comunisti e il movimento operaio devono lottare per la de-mercificazione di aree chiave dell’attività economica e la fornitura dei loro prodotti e servizi attraverso i sistemi pubblici. Il caso della salute è oggi l’esempio perfetto. L’istituzione di sistemi sanitari pubblici (con forti finanziamenti e personale e senza forme indirette di privatizzazione) è un’urgente necessità; soprattutto data la frequenza delle grandi epidemie contemporanee. Il finanziamento di questi servizi deve basarsi su solidi sistemi di tassazione progressiva che colpiscono il capitale.

Inoltre, devono opporsi fermamente alla «nuova normalità» che il capitale sta cercando di imporre. L’indebolimento della normativa a tutela del lavoro non deve essere tollerata e quest’ultima deve essere ulteriormente rafforzata. Particolare attenzione deve essere rivolta al previsto cambiamento dei rapporti di lavoro attraverso il telelavoro e le nuove forme di controllo e intensificazione del lavoro che il capitale cerca di imporre.

Ultimo, ma non per importanza. La pandemia da coronavirus e il «distanziamento sociale» imposto hanno gravemente limitato i diritti politici e sociali. È già evidente che il sistema sta sperimentando questi limiti sia per la loro applicazione generale che per nuove forme di manipolazione ideologica del popolo. La sinistra e il movimento comunista devono respingere fermamente questi sforzi.

8. Una forma di lavoro che si è diffusa rapidamente a causa della pandemia è lo smartworking. La sua diffusione ha portato a molte discussioni nei sindacati in Italia. Personalmente ho associato questa forma di lavoro al lavoro a domicilio analizzato da Marx nel Capitale. Sembra che lo scenario lavorativo contemporaneo si stia muovendo verso quella che Ricardo Antunes chiama “uberizzazione” del lavoro – un inarrestabile modus operandi imprenditoriale, che cerca il profitto e l’aumento del valore del capitale attraverso forme di lavoro precario in espansione su scala globale. Pertanto, questa «uberizzazione» del lavoro, sommata alle lacune legislative e alle loro possibili conseguenze dannose, favorisce l’emergere di una serie di difficoltà legate al lavoro a distanza: individualizzazione dei compiti, isolamento sociale, perdita di azione collettiva, cattiva gestione del tempo, aumento del carico di lavoro, distrazione e interferenza familiare durante lo svolgimento del lavoro, con conseguenze sulla salute fisica e psichica del lavoratore. Pensi che questa forma di lavoro possa ancora espandersi o subirà un brusco declino appena finita la pandemia?

8. Ne ho già parlato nelle domande precedenti. Vorrei aggiungere alcuni punti.

Nell’ambito delle sue politiche di ristrutturazione, il capitale tenta nuovamente di esternalizzare diversi lavori che possono essere coinvolti da questo processo. Nell’attuale clima socio-politico, questa esternalizzazione riduce al minimo i costi del capitale e li sposta verso i lavoratori precari (pubblicizandoli come «imprenditori di se stessi» e cercando di instillare loro questa ideologia reazionaria).

Tuttavia, ci sono contraddizioni in questa politica poiché il capitale può minimizzare i suoi costi ma perde la sua capacità di controllare e dirigere questi lavoratori. Il sistema di fabbrica è stato creato con il capitalismo perché solo attraverso di esso si poteva realmente stabilire la prerogativa manageriale del capitalista (la sussunzione reale del lavoro al capitale) e ottenere continui aumenti della produttività del lavoro. L'»uberizzazione» pone il pericolo di perdere la capacità del capitale di dirigere e controllare in modo efficiente il lavoro. Per evitare questa possibile perdita, vengono sostenuti costi aggiuntivi di supervisione e controllo (telecamere, applicazioni ecc.). L’equilibrio finale è tutt’altro che sicuro. Lo stesso vale per il suo impatto ideologico.

9. La pandemia ha dimostrato quanto sia ancora centrale il lavoro, smentendo clamorosamente tutte le analisi sulla fine del lavoro emerse negli ultimi quarant’anni. È un’ulteriore prova a favore della validità della teoria del valore-lavoro di Marx?

9. La teoria del valore-lavoro di Marx vale in ogni caso. La crisi gemella di oggi, ancora una volta, verifica la centralità del lavoro. Tuttavia, il capitale e i suoi portavoce, anche prima della crisi, hanno propagandato la fine del lavoro attraverso il marketing dell’inesistente 4a rivoluzione industriale (per una critica vedi qui). La svolta verso l’automazione durante la pandemia di COVID-19 ha aumentato questo attacco ideologico. Dopotutto, è sempre la fantasia del capitalismo un mondo senza la fastidiosa presenza del lavoro. Il problema è, come mostra in modo molto appropriato il marxismo, che se non ci sono lavoratori allora non c’è capitale.

Stavros Mavroudeas
He is currently Professor of Political Economy at the Department of Social Policy of Panteion University. He was previously Professor of Political Economy at the Department of Economics of the University of Macedonia. He studied at the Economics Department of the National Kapodistriakon University of Athens, from where he received his BA Economics (1985 - First Class Honours).

Leave a Reply

Your email address will not be published. Required fields are marked *