La Prudenza della Federal Reserve Alla sua prima uscita ufficiale di fine febbraio al Congresso, il presidente della Federal Reserve, Jay Powell, aveva parlato di un’economia col “vento in poppa”. Ma se qualcuno, a caldo, vi aveva scorto il segnale di una più rapida risalita dei tassi d’interesse, il mercato non sembra crederci poi troppo. Da febbraio, il rendimento dei titoli federali a medio-lungo termine (che rispecchia le aspettative sulla futura politica monetaria) non è salito. Anzi, all’indomani della decisione di alzare i tassi ufficiali di 25 punti base, i rendimenti sul mercato finanziario (oltre l’anno) sono diminuiti. Ragionevolmente, il motivo sta nel fatto che Powell ha sì ribadito il quadro roseo dell’economia americana, soprattutto per
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La Prudenza della Federal Reserve
Alla sua prima uscita ufficiale di fine febbraio al Congresso, il presidente della Federal Reserve, Jay Powell, aveva parlato di un’economia col “vento in poppa”. Ma se qualcuno, a caldo, vi aveva scorto il segnale di una più rapida risalita dei tassi d’interesse, il mercato non sembra crederci poi troppo. Da febbraio, il rendimento dei titoli federali a medio-lungo termine (che rispecchia le aspettative sulla futura politica monetaria) non è salito. Anzi, all’indomani della decisione di alzare i tassi ufficiali di 25 punti base, i rendimenti sul mercato finanziario (oltre l’anno) sono diminuiti.
Ragionevolmente, il motivo sta nel fatto che Powell ha sì ribadito il quadro roseo dell’economia americana, soprattutto per quanto riguarda il mercato del lavoro …
Fatte le debite proporzioni, è la stessa cautela esercitata dalla Banca centrale europea, che dimostra di conoscere la fragilità e l’incompletezza dell’euro meglio dei politici europei, ed è consapevole del fatto che la domanda interna rimane fortemente dipendente dalle condizioni internazionali, in particolare dal cambio euro-dollaro e dalla minaccia di una guerra commerciale.
Si può ben dire che le banche centrali non contribuiscono in questo momento a fare chiarezza, ma ciò accade perché esse stesse riconoscono di non essere così potenti come spesso il mondo economico-finanziario le dipinge. A differenza di bitcoin, il dollaro e l’euro sono un credito verso il settore pubblico, e ciò che accade alle monete dipende non soltanto dalle banche centrali, ma anche dai governi. Sono loro la grande incognita: negli Stati Uniti, per la contraddizione tra annunci roboanti e realtà; in Europa, per l’incapacità di comprendere che la moneta unica ha bisogno di più (e lungimirante) politica.