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Danni collaterali del rialzo dei tassi

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Da https://lavoce.info/archives/102685/danni-collaterali-del-rialzo-dei-tassi/Si veda anche "Annotazioni sull’implementazione della politica monetaria: ieri, oggi, domani"   https://rosa.uniroma1.it/rosa04/moneta_e_credito/article/view/18590 La condivisione di costi e profitti della politica monetaria nell’euro area Sergio Cesaratto Un mio precedente intervento su La Voce, seguito poi da uno di Hamaui, riprendeva un dibattito già sviluppato in sede europea (su Vox.eu ed altrove) sui costi fiscali relativi agli interessi che le banche centrali dell’area euro stanno erogando alle banche commerciali, un risultato delle modalità con cui viene correntemente condotta la politica monetaria. Questa ruota ora sul controllo diretto da parte della BCE del tasso di interesse erogato su un

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 Da https://lavoce.info/archives/102685/danni-collaterali-del-rialzo-dei-tassi/

Si veda anche "Annotazioni sull’implementazione della politica monetaria: ieri, oggi, domani"

  https://rosa.uniroma1.it/rosa04/moneta_e_credito/article/view/18590

La condivisione di costi e profitti della politica monetaria nell’euro area

Sergio Cesaratto

Un mio precedente intervento su La Voce, seguito poi da uno di Hamaui, riprendeva un dibattito già sviluppato in sede europea (su Vox.eu ed altrove) sui costi fiscali relativi agli interessi che le banche centrali dell’area euro stanno erogando alle banche commerciali, un risultato delle modalità con cui viene correntemente condotta la politica monetaria. Questa ruota ora sul controllo diretto da parte della BCE del tasso di interesse erogato su un abbondante eccesso di riserve bancarie (rispetto all’obbligo di riserva), eccesso che è frutto delle passate operazioni di quantitative easing (QE) con cui le banche centrali nazionali dell’eurozona (BCN) acquistavano titoli pubblici e societari emettendo riserve (liquidità). All’attuale tasso obiettivo della BCE (3,75%) le banche incassano somme notevoli, oltre 118 miliardi all’anno rebus sic stantibus. Questo accade anche in altre aree monetarie, ma vi sono peculiarità europee.

In primo luogo, la disomogenea distribuzione delle riserve in eccesso fra i Paesi dell’Eurosistema rende difficoltosa l’applicazione di una soluzione alla De Grauwe, ovvero l’innalzamento del coefficiente di riserva obbligatorio sì da trasformare la liquidità in eccesso in liquidità obbligatoria non remunerata. Questa disomogeneità si misura rispetto alla capital key, cioè alla quota di partecipazione delle BCN al capitale della BCE. Relativamente a tale parametro, l’eccesso di liquidità è per esempio più ampio in Germania e più esiguo in Italia. Per ottemperare a un più elevato obbligo di riserva le banche italiane potrebbero così trovarsi a dover prendere a prestito riserve dalle banche d’oltralpe o dalla BCE a tassi assai onerosi. Baglioni su La Voce ha successivamente sviluppato un secondo problema, che già evocavo, ovvero il fatto che le spese per interessi che ciascuna BCN sostiene per remunerare le riserve in eccesso della propria giurisdizione vengono condivise fra tutte le BCN secondo capital key. Anche in questo caso il fatto che le riserve in eccesso non si ripartiscono secondo capital key ha conseguenze notevoli. Infatti, nelle giurisdizioni in cui la liquidità è relativamente più abbondante (come in Germania) le erogazioni alle banche commerciali locali saranno relativamente più ampie, ma le rispettive BCN (come la Bundesbank) potranno condividere tali costi con le BCN delle giurisdizioni dove la liquidità è più scarsa (come la Banca d’Italia). Il risultato è che la Banca d’Italia, di fatto il contribuente italiano, si trova a sussidiare le banche commerciali tedesche.

Questo risultato va però controllato esaminando l’insieme delle regole relative all’accentramento e redistribuzione di un complesso di spese e profitti che le BCN mettono in comune attraverso il reddito monetario dell’Eurosistema, un istituto sinora poco noto (o male approfondito) della governance monetaria europea. Una trattazione più esauriente è ora disponibile qui.

Per sommi capi, le BCN convogliano nel reddito monetario dell’Eurosistema i rispettivi ricavi e costi relativi alle operazioni di politica monetaria e al funzionamento del sistema dei pagamenti, una specie di dichiarazione dei redditi di fine anno, se la metafora può aiutare. Fungendo da mero amministratore, la BCE redistribuisce successivamente il reddito monetario secondo capital key. La logica sembra essere di ripartire proporzionalmente costi e ricavi di operazioni e funzioni intraprese sulla base di decisioni comuni (per memoria, l’Eurosistema funziona decentrando molte funzioni operative presso le BCN).

Fra le operazioni di politica monetaria che generano costi e profitti per le BCN troviamo: le “operazioni di rifinanziamento” con cui le BCN creano liquidità e che sono normalmente fruttifere di interessi (invero le famose operazioni di rifinanziamento a lungo termine TLTRO sono state condotte sino a metà 2022 a tassi negativi comportando allora dei costi per le  BCN); il rendimento dei titoli acquistati con le menzionate politiche di QE; la remunerazione dei conti di deposito presso le BCN dove le banche commerciali detengono le riserve. I tassi su questi depositi erano negativi sino a metà 2022 (comportando in quel caso ricavi per le BCN), ma sono ora positivi, con i menzionati esorbitanti costi per le BCN.

Il reddito monetario genera una redistribuzione fra BCN se, per motivi indipendenti dalla propria volontà, una BCN nell’eseguire decisioni comuni effettua una certa operazione in una proporzione diversa dalla propria capital key, oppure a un tasso differente. Per esempio, quando le banche commerciali italiane ricorrevano alle TLTRO a tassi negativi in proporzione maggiore di quelle tedesche, la Bundesbank si sobbarcava parte dei costi della Banca d’Italia. La prima riga della tavola 1 tratta dal Bilancio annuale 2023 della Banca d’Italia mostra come, invece, nel 2023, con tassi pienamente positivi, Bankitalia abbia accentrato nel reddito monetario €7.831 milioni di ricavi relativamente a queste operazioni (una sottrazione dai ricavi del proprio conto profitti e perdite [P&P]), ricevendone indietro solo €4.525m, avendo così ridotto i ricavi dal proprio conto P&P per €3.306m. Guardando ai conti di riserva, Baglioni documenta come la Bundesbank abbia avuto in media nel 2023 una quota dell’eccesso di riserve complessivo dell’Eurosistema superiore alla sua capital key (31,7% contro 26,6%), e all’opposto la Banca d’Italia (5,7% contro 16,0%). Ciò comporta che via Nazionale si è caricata una parte dei costi sostenuti da Francoforte. La sesta riga di tavola 1 mostra, infatti, che Bankitalia accentra perdite per interessi sulle riserve in eccesso per €7.850m, vedendosene però attribuite per €21.973m, con una perdita aggiuntiva iscritta nel proprio conto P&P di -14.123m euro (all’inizio aveva provvisoriamente iscritto perdite per 7,8 miliardi che diventano quasi 22 miliardi a seguito della redistribuzione).

Un discorso speciale va fatto per i titoli pubblici acquistati col menzionato QE fra il 2015 e il 2022. Ciascuna BCN acquistava (a parte scostamenti temporanei) titoli nazionali secondo capital key assumendosene il rischio relativo (niente risk-sharing). Ai fini del calcolo del reddito monetario le procedure prevedono che ciascuna BCN conferisca un ammontare di interessi calcolati al tasso di interesse convenzionale pari a quello sulle operazioni di rifinanziamento principali (attualmente 4,25%). Si dimostra facilmente che tuttavia, nei fatti, ciascuna BCN si vede poi restituire quanto versato per cui in questo caso non si condivide nulla (in termini intuitivi: poiché si accentra e condivide ai medesimi tassi e secondo capital key la redistribuzione netta è zero). La terza riga della tavola mostra che questo è grosso modo vero, ma c’è un residuo (-2.438m euro) dovuto, sembra, al fatto che la Banca d’Italia abbia acquistato qualcosa in più della capital key e dunque debba condividerne gli interessi con le altre BCN.

Tavola 1 - Scomposizione del risultato netto della ridistribuzione del reddito monetario (milioni di euro)

VOCI

2023

2022

Reddito monetario

Totale Eurosistema

Accentrato dalla Banca (A)

Redistribuito alla Banca (B)

Risultato netto (B–A)

Risultato netto

Rifinanziamento alle istituzioni creditizie

26.850

7.831

4.525

–3.306

248

Titoli detenuti per finalità di politica monetaria (a rischio condiviso)

8.483

703

1.430

727

324

Titoli detenuti per finalità di politica monetaria (a rischio non condiviso) (1)

127.854

23.984

21.546

–2.438

–346

Crediti intra Eurosistema equivalenti al trasferimento delle riserve

1.335

225

225

Crediti intra Eurosistema (netti) derivanti dall’allocazione delle banconote in euro

–4.817

1.877

–812

–2.689

–427

Depositi delle istituzioni creditizie

–130.387

–7.850

–21.973

–14.123

–689

Debiti/crediti intra Eurosistema risultanti dalle transazioni TARGET

14.172

–22.769

2.388

25.157

4.276

Gap (2)

–2.730

3.998

–460

–4.458

–1.011

Totale

40.760

7.999

6.869

–1.130

2.375

 (1) Ai fini del calcolo del reddito monetario, sono considerati fruttiferi di interessi in misura pari al tasso marginale applicato alle operazioni di rifinanziamento principali; pertanto il relativo reddito accentrato differisce dagli interessi attivi esposti nella sottovoce 1.1.

(2) Differenza tra attività earmarkable e liability base. Include altre componenti minori.

Fonte: Banca d’Italia (2024, p.78, tavola 38).

Entrano nel reddito monetario, ma con risultati sorprendenti, anche costi e ricavi relativi al funzionamento del sistema dei pagamenti, dunque relativi alla piattaforma TARGET2 e all’emissione di banconote.

L’analisi del reddito monetario rivela come, de facto, sugli enormi saldi TARGET2 (T2), positivi in particolare per la Germania (per oltre 1 trilione di euro) e simmetricamente negativi per Italia e Spagna (ciascuna per oltre €400miliardi) non si paghino interessi, un tema su cui c’è stata sinora estrema confusione. Da un lato è vero che durante l’anno le BCN con saldi T2 negativi pagano interessi (al tasso convenzionale) che, via BCE, sono incassati dalle BCN con saldi positivi. A fine anno, tuttavia, perdite e profitti sono tutti conferiti al reddito monetario condiviso, sicché scompaiono dal conto P&P delle rispettive BCN. L’Eurosistema dal suo canto non ha nulla da condividere dato che i profitti apportati da alcune BCN sono esattamente compensati dalle perdite arrecate dalle restanti BCN. Dalla riga 7 della tavola si vede che Banca d’Italia apporta perdite (sottraendole dal proprio conto P&P) per €22.769m. Il fatto che, oltre ad apportare un contributo negativo al reddito monetario, essa riceva qualcosa in sede di condivisione (€2.388m) non ha a che fare con i saldi negativi T2 di Bankitalia, ma con la redistribuzione effettuata dalla BCE degli interessi che essa ha guadagnato sui titoli di sua pertinenza acquistati nell’ambito del QE.

Qualcosa di simile accade per l’allocazione delle banconote. Da un lato le BCN che hanno emesso banconote più (meno) della capital key sono “punite” (“premiate”) pagando (ricevendo) interessi nel corso dell’anno, ma poi apportano le rispettive perdite (o profitti) al reddito monetario e tutto si annulla. La riga 5 mostra come Bankitalia inizialmente premiata per una emissione sotto la propria quota, perda questi profitti accentrando €1877m, e per giunta riceva indietro una penalità di -812m di euro, relativa però al ruolo della BCE nell’emissione di banconote (sembra di poter dire in quanto le BCN emettono banconote per conto della BCE, a cui spetta una quota del 8% dell’emissione complessiva, ma devono poi conferirle il relativo signoraggio).

Come si vede, l’analisi del reddito monetario dell’Eurozona è alquanto complessa – abbiamo per esempio tralasciato l’ultima riga della tavola 1, il “gap”, che gioca un ruolo non trascurabile nel caso di Bankitalia, mentre nel paper abbiamo inserito molti esempi esplicativi. Si evince che il processo di condivisione e riallocazione di costi e ricavi fra le BCN ha significativi e talvolta sorprendenti impatti. Si conferma in particolare che, al netto delle varie poste condivise, Bankitalia si sta attualmente sobbarcando parte dei cospicui interessi che le banche tedesche stanno ricevendo dalla Buba. Questo porterebbe i profitti di via Nazionale in territorio negativo non fosse per il ricorso agli accantonamenti prudentemente effettuati gli scorsi anni. Nel paper dimostriamo anche che, in prima approssimazione almeno, l’esorbitante remunerazione delle riserve bancarie non trovi giustificazione nei tassi negativi a cui erano soggette negli scorsi anni. Infine, mentre è molto apprezzabile lo sforzo compiuto dalla Banca d’Italia di fornire quest’anno informazione aggiuntiva sul reddito monetario, ulteriori approfondimenti da parte delle BCN e della BCE sarebbero auspicabili.

Sergio Cesaratto
Sergio Cesaratto (Rome, 1955) studied at Sapienza, where he graduated under the direction of Garegnani in 1981 and received his doctorate in 1988. He obtained a Master's degree in Manchester in 1986. He worked as a researcher at CNR where he was of Innovation Economics. In 1992 he became a researcher at La Sapienza, and then associate professor in Siena where he teaches Economic Policy and Development Economics.

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