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CASO MES/ Perché gli Usa non hanno un fondo salva-Stati?

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Intervista a Il sussidiario CASO MES/ Perché gli Usa non hanno un fondo salva-Stati? 04.12.2019 - int. Sergio Cesaratto Il Mes rappresenta un’anomalia tutta europea. Negli Stati Uniti non c’è qualcosa di analogo perché l’unione monetaria ed economica è completa   Il caso Mes, dopo l’informativa del Premier Conte in Parlamento, non può certo dirsi risolto, visto che il Movimento 5 Stelle minaccia di non votare la ratifica del trattato se non ci saranno delle modifiche. Al di là dell’infuocato dibattito politico è comunque interessante un’osservazione che ci viene suggerita da Sergio Cesaratto, professore di Economia politica all’Università di Siena, sul Mes, che rappresenta una sorta di

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CASO MES/ Perché gli Usa non hanno un fondo salva-Stati?

- int. Sergio Cesaratto

Il Mes rappresenta un’anomalia tutta europea. Negli Stati Uniti non c’è qualcosa di analogo perché l’unione monetaria ed economica è completa

 

Il caso Mes, dopo l’informativa del Premier Conte in Parlamento, non può certo dirsi risolto, visto che il Movimento 5 Stelle minaccia di non votare la ratifica del trattato se non ci saranno delle modifiche. Al di là dell’infuocato dibattito politico è comunque interessante un’osservazione che ci viene suggerita da Sergio Cesaratto, professore di Economia politica all’Università di Siena, sul Mes, che rappresenta una sorta di “anomalia” tutta europea.
Perché si può parlare di “anomalia” europea?
Prendiamo gli Stati Uniti, che sono la realtà più comparabile all’Unione europea, anche se a differenza nostra rappresentano un’unione monetaria completa. Laddove gli Stati, in Europa, violino il pareggio di bilancio, il problema non è rappresentato dalle sanzioni di Bruxelles, ma da quello che accade sui mercati, che può sfociare in una crisi finanziaria. Per questo si è pensato al Mes, il cui intervento in certi casi necessita però anche dell’azione della Bce.
Per quale motivo?
Il solo Mes basterebbe per tamponare le crisi di piccoli Paesi, ma se uno grande come l’Italia si trovasse sull’orlo del fallimento, ci vorrebbe anche un intervento della Bce tramite le Outright monetary transactions introdotte, ma mai usate, nel 2012: esse prevedono l’acquisto da parte dell’Eurotower di titoli del Paese in difficoltà, subordinato però alla firma di un memorandum con cui il Paese stesso si impegna a portare avanti determinate politiche di aggiustamento fiscale. Chiaramente la Bce non avrebbe il potere di imporre un memorandum, potere che invece avrebbe il Mes. Quindi l’intervento del Mes va visto in collegamento con le Omt della Bce. Tutto questo marchingegno negli Stati Uniti non c’è.
Perché?
Perché i singoli Stati sono vincolati al pareggio di bilancio, ma se si trovano in difficoltà la Fed non può intervenire in loro soccorso, non li salva nessuno. In Europa abbiamo una situazione per cui i singoli Stati sono tenuti a rispettare il Patto di stabilità e crescita, ma allo stesso tempo devono anche sostenere la propria economia. In qualche modo gli Stati vengono quindi spinti a violare le regole, finendo alla mercé dei mercati, ed è per questo che si inventano meccanismi come il Mes, che alla fine servono a soccorrere le banche che hanno prestato i soldi ai quei Paesi. Negli Usa, invece, l’intervento a sostegno dell’economia degli Stati lo fa il bilancio federale, con il supporto della Fed.
Ci può spiegare meglio in che modo?
Se i singoli Stati, tenuti come detto al pareggio di bilancio, vogliono spendere di più, devono aumentare le tasse. Però il Governo federale ha un bilancio cospicuo (circa il 30% del Pil) con cui svolgere un’azione anti-ciclica e in più perequativa tra i singoli Stati, cioè con trasferimenti dagli Stati ricchi a quelli poveri. Il Governo è sostenuto in questa azione dalla Fed, che non bada solo all’inflazione, ma deve assicurare la crescita dell’occupazione. Per farlo acquista titoli di stato garantendo così risorse al bilancio federale. Di fatto negli Stati Uniti un’operazione come quella delle Omt è sistematica.
Dunque il Mes c’è perché l’Europa è indietro come unione economia e monetaria…
Non basta mettere insieme solo la moneta, occorre una politica fiscale comune. L’Europa ha bisogno di marchingegni diabolici perché le istituzioni economiche europee sono incomplete, perché non c’è una politica fiscale comune, ma viene lasciata ai singoli Stati che facilmente finiscono nei guai perché non hanno una vera banca centrale. Il completamento dell’unione monetaria europea non si fa quindi con delle “pezze”: ci vuole un bilancio comunitario cospicuo, ci vogliono gli eurobond. Allora non si avrebbe più bisogno di strumenti come il Mes o le Omt. Abbiamo purtroppo una Costituzione economica europea molto predisposta alla crisi negli anelli più deboli.
Uno Stato nell’Ue però non fallisce, mentre negli Usa, come ha detto prima, lo si lascerebbe andare in default…
Attenzione, in Europa ci sarebbe una ristrutturazione del debito, come abbiamo visto nel caso della Grecia, che ha riguardato però solo le banche greche (non quelle francesi e tedesche), per aiutare le quali è stato necessario un prestito da parte della Troika. Se uno Stato americano fosse sull’orlo del fallimento sarebbe certo costretto a misure di austerità, ma ci sono degli stabilizzatori automatici per cui se il Pil di uno Stato americano peggiora diminuiscono le imposte che versa a Washington e aumentano i trasferimenti dal bilancio federale verso questo Stato. In Europa uno Stato non viene soccorso se non per garantire le banche creditrici straniere, come successo in Grecia (anche con soldi dell’Italia) e come succederebbe con il Mes. Mi lasci aggiungere una cosa per concludere.
Prego.
Si parla poco delle Cacs, le Clausole di azione collettiva, che riguardano proprio il caso di una ristrutturazione del debito. Con l’istituzione del Mes è stata fissata una doppia “maggioranza” di adesione di investitori per approvare una proposta di ristrutturazione: il 75% per l’insieme di tutti i titoli emessi e del 66% per ogni singolo titolo. Con la riforma del trattato questa seconda maggioranza viene cancellata e resta solo la prima, semplificando quindi la procedura per una ristrutturazione del debito. Trovo strano che mentre nel luglio del 2018 Maria Cannata, ex dirigente generale del Tesoro per il debito pubblico, in un articolo su lavoce.info segnalava i rischi di questa modifica, oggi abbia cambiato idea scrivendo che “gli operatori di mercato non hanno più ragione di percepire la modifica delle clausole come segnale anticipatore di una probabile criticità”. È un po’ curioso che si sia affrettata in questi giorni a “smentire” quanto aveva scritto un anno fa.
(Lorenzo Torrisi)
Sergio Cesaratto
Sergio Cesaratto (Rome, 1955) studied at Sapienza, where he graduated under the direction of Garegnani in 1981 and received his doctorate in 1988. He obtained a Master's degree in Manchester in 1986. He worked as a researcher at CNR where he was of Innovation Economics. In 1992 he became a researcher at La Sapienza, and then associate professor in Siena where he teaches Economic Policy and Development Economics.

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