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FAQ sull’Italia e l’Europa

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Pubblichiamo articolo pubblicato da Micromega online. In origine erano delle note per un giornalista tedesco che è un po' simpatetico con l'Italia e che sta preparando un articolo per il giornale tedesco più importante (con la FAZ, ma un po' più aperto), la Süddeutsche Allgemeinen Zeitung di Monaco. Le ho trasformate in FAQ su quanto sta accadendo, spero utili. Economia e pandemia: domande e risposte sull’Italia e l’Europa Sergio Cesaratto “A successful and long lasting union, like the US, helps its members in need. When New Orleans was hit by Hurricane Katrina, the initial faltering response horrified the nation. Congress then sent bn in aid, equivalent to more than a third of Louisiana’s gross domestic product. It did not content itself with waiving a balanced

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Pubblichiamo articolo pubblicato da Micromega online.
In origine erano delle note per un giornalista tedesco che è un po' simpatetico con l'Italia e che sta preparando un articolo per il giornale tedesco più importante (con la FAZ, ma un po' più aperto), la Süddeutsche Allgemeinen Zeitung di Monaco.
Le ho trasformate in FAQ su quanto sta accadendo, spero utili.

Economia e pandemia: domande e risposte sull’Italia e l’Europa

Sergio Cesaratto

“A successful and long lasting union, like the US, helps its members in need. When New Orleans was hit by Hurricane Katrina, the initial faltering response horrified the nation. Congress then sent $71bn in aid, equivalent to more than a third of Louisiana’s gross domestic product. It did not content itself with waiving a balanced budget clause and allowing the state to plunge into debt. Other US states did not complain that Louisianans were lazy and corrupt, or wasted money on drinks and women, as the former head of the eurogroup of finance ministers, Jeroen Dijsselbloem, infamously said of southern Europeans.” Luigi Zingales (University of Chicago). [1]
Perché l’Europa dovrebbe salvare l’Italia che è stato un paese cicala?
Contrariamente a quanto dipinto dai mass media e, in maniera inqualificabile, da Jeroen Dijsselbloem, l’Italia è da trent’anni un paese frugale. Questa frugalità è misurabile dai surplus primari del bilancio pubblico [i saldi al netto della spesa per interessi] che sono in attivo dall’inizio degli anni novanta. In altre parole, da trent’anni gli italiani pagano più tasse di quanto ricevono come servizi pubblici o pensioni. E’ la spesa per interessi che manda in disavanzo lo Stato italiano, non una spesa pubblica allegra (naturalmente molta spesa pubblica è indirizzata male, ci sono sprechi, c’è molto da migliorare come efficienza ma, per esempio, il numero dei dipendenti pubblici in Italia è in rapporto alla popolazione molto inferiore alla Germania, come anche evidenziato dalla crisi sanitaria).[2] Anche David Folkerts-Landau, capo economista della Deu­tsche Bank ha ammesso due anni fa che “contrariamente a un diffuso pregiudizio, l’Italia è stato un Paese frugale".[3] Queste sono fra le poche voci “oneste” che si sono levate.

Ma perché allora il debito pubblico è continuato ad aumentare rispetto al PIL?
Dalla seconda metà degli anni novanta sino alla crisi del 2008 il debito pubblico italiano è sceso dal 120% al 100% rispetto al PIL anche per i più bassi tassi di interesse conseguiti con la prospettiva dell’ingresso nella moneta unica. 

Ma l’Italia poteva fare di più?
Con l’ingresso nell’euro l’Italia ha pagato il prezzo di una diminuita competitività; questo unitamente alle politiche di riduzione del rapporto fra debito pubblico e PIL ha comportato una grave stagnazione dell’economia italiana, in particolare della produttività. Di più l’Italia non poteva fare nelle date circostanze. Il rapporto debito/PIL è risalito al 130% in seguito al ritardo nell’intervento della BCE a sostegno del debito pubblico italiano, con conseguenze rialzo dei tassi di interesse (i famosi spread), e a causa delle politiche di austerità che hanno aggravato il declino dell’economia italiana e dunque anche delle entrate fiscali. Le banche centrali sono nate per sostenere i titoli di Stato. In tutto il mondo è così tranne in Europa.

La Germania ha comunque dimostrato che si può far meglio?
La Germania è da sempre un elemento destabilizzante dell’economia globale ed europea. La sua politica economica è stata denominata da un importante storico economico tedesco “mercantilismo monetario”.[4] Mercantilismo monetario significa avvantaggiarsi dei tassi di cambio fissi (Bretton Woods, Sistema monetario europeo, euro) per guadagnare competitività attraverso un tasso di inflazione inferiore a quello dei concorrenti. Un modo per approfittare del keynesismo altrui. Questo comportamento, non adeguato per un paese avanzato, ha ricevuto da sempre disapprovazione nel resto del mondo in quanto non contribuisce allo sviluppo armonico del commercio internazionale (i dazi di Trump sulle esportazioni tedesche e, ahinoi, europee ne sono una conseguenza).
Con l‘euro, in particolare, la Germania ha goduto di un tasso di cambio molto più competitivo di quanto avrebbe goduto col DM. Un effetto del quantitative easing avviato da Mario Draghi nel 2015 e tanto deprecato dai professori tedeschi è stato di indebolire l’euro. Così le esportazioni tedesche hanno tratto ulteriore vantaggio da una misura volta soprattutto a sostenere le economie più deboli. Ma soprattutto il governo tedesco si è avvantaggiato dalla fuga degli investitori dai titoli di Stato italiani (e anche di altri paesi europei) che si sono rivolti ai titoli di Stato tedeschi. Si è creata così una impressionante asimmetria fra il governo italiano che, non sufficientemente protetto dalla ECB, ha cominciato a pagare tassi di interessi esorbitanti, e il governo tedesco che ha cominciato a pagare tassi negativi. I tassi si sono abbassati anche per il QE della ECB che se ha aiutato i paesi periferici, ha consolidato i tassi di interesse pagati dal governo tedesco in territorio negativo.  Il membro tedesco dell’executive board della BCE, l’economista Isabel Schnabel (2020), ha recentemente parlato di un risparmio per il governo tedesco di €400 miliardi dal 2017 (Schabel scrive nel febbraio 2020). Sono cifre impressionanti e francamente offensive per chi da tre decenni vede solo tagli a sanità, istruzione e ricerca scientifica. È facile essere virtuosi e far la morale agli altri in queste condizioni.[5]
Siamo dunque in presenza non solo di un’Europa monetaria che funziona male, ma che funziona anche in maniera asimmetrica e ingiusta!

Qual è l’oggetto del contendere ora in Europa?
In termini semplificati, dopo la spiacevole gaffe di Christine Lagarde, la ECB ha preso una iniziativa importante con l’acquisto di titoli di Stato e non solo che diventa di oltre un trilione di euro nel 2020, senza tener troppo conto della capital key (cioè comprerà una quota di titoli italiani maggiore del solito). Altre misure sono però necessarie.[6]
Germania e Olanda hanno offerto all’Italia un sostegno via ESM (European Stability Mechanism) (che è anche preliminare a un intervento della ECB di acquisto illimitato di titoli italiani, misura che sarebbe però contestata dai soliti professori tedeschi).[7] A parte che lo ESM è in grado di prestare pochi soldi, per l’Italia è politicamente inaccettabile ricorrere all’ESM. Tale ricorso porrebbe il paese sotto tutela politica e fiscale anche se la firma di un memorandum fosse al momento rimandata. L’Italia non ha sinora mai chiesto prestiti all’Europa. Anche il piano SURE con cui la Ursula Von Der Layen intenderebbe sostenere misure di sostegno al lavoro nei paesi europei sino a 100 miliardi appare molto carente. Nei fatti sia il ricorso al ESM che il piano SURE prefigurano un indebitamento dei governi nazionali che vi ricorrano (quindi Italia, Spagna, forse la Francia), e dunque un aumento dei debiti pubblici nazionali. In questi paesi i rapporti debito pubblico/PIL sono destinati quest’anno a crescere in maniera drammatica, rendendo la situazione fra qualche mese molto difficile per le condizioni proibitive di finanziamento nel mercato. L’aumento del rapporto è dovuto non tanto all’aumento delle spese, che vi sarà certamente in maniera importante, quanto dalla caduta del PIL, particolarmente drammatica in Italia colpita nel cuore produttivo. In paesi privi di banca centrale, l’unica soluzione è dunque che da un lato la ECB garantisca col proprio intervento la sostenibilità del debito pubblico preesistente (il che significa che la ECB deve fare di più portando i tassi italiani a livello almeno francese), e dall’altro che ogni nuovo debito deve essere emesso da organismi europei, i famosi eurobond (a emetterli potrebbe essere lo stesso ESM, ma come mero veicolo tecnico e magari con un nuovo presidente meno compromesso col vecchio ESM). La Ursula Von Der Layen aveva in effetti settimane fa promesso il sostegno a “corona-bonds”, per poi fare la settimana scorsa una goffa marcia indietro. Di fronte alle proteste italiane, per scusarsi ha tirato fuori il piano SURE. Le pressioni del governo tedesco devono essere state enormi.

Ma la Germania e i suoi satelliti temono che con gli eurobond si trovino a pagare tassi più alti, è giustificato?
Questo è un punto centrale per controbattere alla tesi che Germania e c. sono giustificate a non volere gli eurobond che li porterebbero a pagare tassi di interesse più alti. Non si domandano come mai han pagato in questi anni tassi così bassi, perfino negativi (consentendo loro di ridurre il rapporto debito/PIL). Questo è il contraltare dei tassi inopinatamente alti pagati dall’Italia (sfasciandone i conti). Si tratta di tornare a uno stato in cui tutti li paghiamo a un livello simile.
L’Italia sta compiendo uno sforzo enorme per combattere la crisi sanitaria che, con molta sfortuna, ha colpito il suo cuore produttivo. Medici e infermieri si stanno prodigando in maniera eroica e questo ha forse per la prima volta accresciuto il senso di autostima degli italiani, di solito molto basso. Forte è il senso di essere stati lasciati soli dall’Europa (non basta l’offerta di qualche letto in terapia intensiva a far cambiare idea).

Quali sono le prospettive?
Il governo italiano col sostegno dell’opinione pubblica, inclusa ora parte della sua componente più europeista, pare fermo nel rifiuto del ESM.[8] Probabilmente martedì 7 aprile l'eurogruppo deciderà di non decidere rimandando al Consiglio europeo previsto per dopo Pasqua. Ma non si potrà continuare merkallianamente a rimandare. La Germania è un grande paese, che però non è capace di una leadership inclusiva e non oppressiva.  
D’altra parte senza un sostegno europeo che è tale solo sotto la forma di eurobond e di intervento della ECB, l’Italia non potrà, appena sollevata la testa dalla crisi sanitaria, che abbandonare l’euro e credo l’Europa per agganciarsi saldamente, suppongo, al carro russo-cinese. E a quel punto senza rimpianti. L’Italia non chiede la luna. Chiede che si faccia quello che è ovvio in un’unione monetaria. Chi ritiene ancora in Germania ed Olanda che un’unione monetaria possa sopravvivere senza trasformarsi in un’unione politica non ha capito bene l’analisi economica delle aree valutarie ottimali. Il prezzo economico da pagare per Germania, Olanda e satelliti sarebbe peraltro minimo: tassi di interesse un po’ più alti di quelli che avrebbero già pagato da anni se non si fossero (più o meno in buona fede) avvantaggiati delle disgrazie altrui. E avrebbe invece tutto da guadagnare. In fondo, come ha detto giorni fa Romano Prodi, se il sud crolla, l’Olanda i tulipani a chi li vende?


[1] Luigi Zingales, The EU must be forged in this crisis or it will die, Financial Times, 5 aprile 2020 (https://www.ft.com/content/8f554b7a-74d1-11ea-90ce-5fb6c07a27f2).
[2] Questo è documentato da un economista olandese: Saarvas Storm  (2019), How to ruin a country in three decade, https://www.ineteconomics.org/perspectives/blog/how-to-ruin-a-country-in-three-decades; Storm, S. (2019), Lost in deflation: why Italy’s woes are a warning to the whole eurozone. International Journal of Political Economy. 48(3), 195-237.
[3] Folkerts-Landau, D. Europe must cut a grand bargain with Italy. Financial Times, 2018, November 12, https://www.ft.com/content/a8d572b8-e65d-11e8-8827-ff56e7163c11
[4] Holtfrerich, C-L(1999), Monetary Policy under Fixed Exchange Rates (1948-70), in Baltensperger E. (a cura di), Fifty Years of the Deutsche Mark. Central Bank and the Currency in Germany since 1948, Deutsche Bundesbank e Oxford University Press, New York.
[5] Smentendo l'immagine del "Conte Draghila" - una definizione che ella riprende dai media tedeschi - come "espropriatore dei risparmiatori tedeschi", Isabel Schnabel (2020) ha anche spiegato come, di fronte a una perdita di 500 euro all'anno per il risparmiatore tedesco, un debitore tedesco (ebbene esistono!) ha risparmiato circa 2000 euro grazie ai tassi di interesse più bassi, ai quali vanno aggiunti i summenzionati risparmi di 400 miliardi di euro per il governo di Berlino. I miei amici tedeschi devono essere orgogliosi di tanta onestà intellettuale! Si veda: Schnabel, I. (2020). Narratives about the ECB’s monetary policy – reality or fiction? Speech at the Juristische Studiengesellschaft, Karlsruhe, 11 February 2020. https://www.ecb.europa.eu/press/key/date/2020/html/ecb.sp200211_1~b439a2f4a0.en.html. Accessed 20 February 2020.


[6] Una rassegna delle questioni è dovuta ad Antonella Stirati su Economia e politica, https://www.economiaepolitica.it/l-analisi/crisi-da-coronavirus-italia-europa/
[7] Il ministro olandese dell’economia Wopke Hoekstra ha anche in maniera insolente e offensiva proposto di liquidare l’Italia con un regalo di 10 o 20 miliardi di euro (Hoekstra è quello che fu definito “ripugnante” dal primo ministro portoghese). Una proposta simile è stata avanzata del più noto economista tedesco, Hans Werner Sinn, http://vocidallagermania.blogspot.com/2020/03/hw-sinn-regaliamo-20-miliardi-di-euro.html.
[8] Si veda l’articolo sul Financial Times, Coronavirus: Is Europe losing Italy? https://www.ft.com/content/f21cf708-759e-11ea-ad98-044200cb277f.

Sergio Cesaratto
Sergio Cesaratto (Rome, 1955) studied at Sapienza, where he graduated under the direction of Garegnani in 1981 and received his doctorate in 1988. He obtained a Master's degree in Manchester in 1986. He worked as a researcher at CNR where he was of Innovation Economics. In 1992 he became a researcher at La Sapienza, and then associate professor in Siena where he teaches Economic Policy and Development Economics.

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