Ospito volentieri questo opportuno intervento dell'amico Giancarlo Bergamini (ex funzionario nel settore bancario) PROPOSTA PIANO RIQUALIFICAZIONE PATRIMONIO EDILIZIO ESISTENTE Da anni gli economisti continuano comprensibilmente ad auspicare un rilancio degli investimenti pubblici, spesso in polemica con le decisioni di spesa del governo di turno. Col tempo tale appello è diventato una specie di mantra dietro al quale non è dato sapere se ci sia consapevolezza di quali siano l’oggetto e le implicazioni di tali raccomandazioni. Oltre alle prevedibili difficoltà rappresentate dai parametri europei, il percorso degli investimenti a cui molti pensano è irto di ostacoli, basti vedere il vero e proprio calvario di tante spese deliberate da decenni e non ancora messe a terra.
Topics:
Sergio Cesaratto considers the following as important: costruzioni, cridio dìimposta, Europa, governo, investimenti
This could be interesting, too:
Sergio Cesaratto writes La nuova governance fiscale europea
Sergio Cesaratto writes Draghi mercantilista?
Sergio Cesaratto writes Europa, debito, governo (da Il Sussidiario)
Sergio Cesaratto writes Patto di stabilità: è finita come doveva finire
Col presente elaborato si propone un piano organico (si ribadisce organico, cioè più vasto ed articolato dei provvedimenti in vigore) di incentivi alla riqualificazione del patrimonio edilizio esistente che fa leva sulla spesa privata; quindi a rigore non si tratta di "investimenti pubblici". Come noto, alle ristrutturazioni viene già riconosciuto un ventaglio di benefici in termini di credito d’imposta recuperabile in un certo numero di anni. Inoltre, l'anno scorso, precisamente con la Legge di Bilancio 2018 n. 205/2017, è stato introdotta una norma (attualmente ristretta agli interventi per l'efficienza energetica e la sicurezza sismica) che consente ai proprietari di cedere a terzi il credito fiscale. Ebbene, questa misura ha il potenziale di essere un vero e proprio game changer se inserita in un piano coerente perchè potrebbe superare il principale ostacolo alla ristrutturazione dei condomini rappresentato dalle resistenze dei proprietari incapienti. Date le norme esistenti, il mercato si sta lentamente attrezzando per proporre delle soluzioni idonee, ma lo sta facendo troppo lentamente e su un numero troppo limitato di casi, tanto da indurre negli operatori del settore la convinzione che il comparto delle ristrutturazioni edilizie non esprima ancora tutto il suo potenziale. Per questo propongo che il governo pensi in grande (mi viene in mente il piano Fanfani degli anni 50), con un’iniziativa trasversale condivisa fra i ministeri interessati sotto la guida di una “cabina di regia”, che coinvolga sin dalla fase progettuale il maggior numero possibile di stakeholders (costruttori, professionisti, utilities, istituzioni finanziarie (perchè non la CDP?), l’ENEA*, ESCO** ecc.). Nel predisporre gli strumenti normativi si dovrà lavorare sia alla definizione del perimetro di interventi a cui accordare il beneficio fiscale, sia sulla gradazione e sulle modalità di trasferimento di quest'ultimo, mettendo a punto un template tale da offrire ai proprietari soluzioni onnicomprensive che mettano a loro carico la minore quota possibile di spesa. Non escludo, se costituzionalmente fattibile, modifiche legislative che consentano la deliberazione nei condomìni di lavori straordinari in assenza di unanimità. Nella messa a punto del piano risulterà utile riconsiderare criticamente l’esperienza maturata durante l’anno di vigenza della trasferibilità del credito fiscale, senza trascurare il track record del programma Impresa (ex Industria) 4.0.
Inutile sottolineare il bisogno che c'è di rinnovare il patrimonio edilizio esistente, come pure l'effetto-volano (aka moltiplicatore) che ciò avrebbe sull'economia nel suo complesso. Mette conto comunque ricordare gli effetti positivi in termini di sostenibilità assicurati dal consumo zero di suolo e dal risparmio energetico risultante da migliori e più efficienti tecniche costruttive. Nè si trascuri che il contenuto di import del settore costruzioni è inferiore a quello di altri comparti, per cui l’incremento di spesa che ci si augura possa innescarsi non avrebbe ripercussioni avverse sulla bilancia commerciale.
Parlare di trasferibilità del credito fiscale evoca un dibattito da tempo in corso fra gli economisti. Ricordo l'ipotesi a lungo discussa dei CCF (certificati di credito fiscale), o quella attuale dei MiniBot; ebbene che cos'è quella che viene qui proposta se non moneta fiscale? Solo che, diversamente da quella distribuita à la helicopter money, in questo caso si tratta di moneta creata a fronte di spesa (virtuosa) già effettuata, cioè di reddito già creato.
Lato bilancio statale, non solo finora la Commissione Europea non ha obiettato ai benefici fiscali già presenti nel nostro ordinamento, ma è plausibile che anche un loro uso più vasto (spalmato com'è sui dieci anni successivi) possa passare l'esame europeo. Ammettiamo pure che le autorità europee non possano permettersi di perdere la faccia consentendo all'Italia un superamento dei parametri di spesa; tuttavia, in considerazione dell'effetto devastante che un nostro affondamento avrebbe sull'intera eurozona, sarebbero probabilmente propense a tollerare (fingere di non vedere) un uso allargato degli incentivi fiscali.
Finisco col ricordare che se negli
ultimi due anni c'è stata una ripresa degli investimenti industriali ciò è
stato in buona parte grazie al citato Piano Industria 4.0 del governo, che
gioca proprio sugli incentivi fiscali.