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Ancora sui danni collaterali della politica monetaria

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Secondo articolo sui danni collaterali della politica monetaria pubblicato su Il Fatto quotidiano del 23 ottobre 2023 Danni collaterali del rialzo dei tassi: quel sussidio italiano alle banche tedesche Sergio Cesaratto* Oscar Wilde aveva ragione nel cogliere un aspetto melodrammatico nella politica monetaria. Al centro dell’attenzione c’è ora la politica della BCE di rialzo dei tassi di interesse, la sua efficacia sull’inflazione, i suoi costi in termini di reddito e occupazione. Meno note sono le tecniche con cui BCE e le altre banche centrali implementano le loro decisioni, ovvero fanno in modo che i tassi effettivi si adeguino ai tassi obiettivo. Sono aspetti specialistici ma che presentano ora risvolti, segnatamente un costo rilevante per i contribuenti, su cui è bene

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 Secondo articolo sui danni collaterali della politica monetaria pubblicato su Il Fatto quotidiano del 23 ottobre 2023

Danni collaterali del rialzo dei tassi: quel sussidio italiano alle banche tedesche

Sergio Cesaratto*

Oscar Wilde aveva ragione nel cogliere un aspetto melodrammatico nella politica monetaria. Al centro dell’attenzione c’è ora la politica della BCE di rialzo dei tassi di interesse, la sua efficacia sull’inflazione, i suoi costi in termini di reddito e occupazione. Meno note sono le tecniche con cui BCE e le altre banche centrali implementano le loro decisioni, ovvero fanno in modo che i tassi effettivi si adeguino ai tassi obiettivo. Sono aspetti specialistici ma che presentano ora risvolti, segnatamente un costo rilevante per i contribuenti, su cui è bene informare. Nel Regno Unito la faccenda è finita in parlamento, in Italia non se ne è parlato. Per capire dobbiamo fare un passo indietro.

Molti sanno che le banche commerciali detengono “riserve” presso la banca centrale. Questo per due motivi: (i) nell’area euro c’è un obbligo: per ogni 100€ di nostri depositi le banche devono avere 1€ di riserva; (ii) le riserve servono per eseguire i nostri ordini di pagamento: quando effettuiamo un bonifico dalla banca A alla banca B, la Banca d’Italia sposta riserve dal conto della banca A al conto della banca B. Prima della crisi finanziaria del 2008 vigeva un regime operativo della politica monetaria definito “a riserve scarse” o “a corridoio”, nel quale le riserve create dalla banca centrale sono appena sufficienti alle banche per ottemperare all’obbligo di riserva più un piccolo margine per i pagamenti. Poiché le riserve si muovono fra le banche in seguito ai nostri ordini di pagamento, le banche in eccesso di riserve le prestano a quelle in difetto nel mercato interbancario a un tasso che si muove all’interno di un corridoio fissato dalla BCE il cui pavimento è il tasso sul deposito marginale, lo sportello dove può essere lasciato l’eccesso di riserve; il soffitto è il tasso sul prestito marginale, uno sportello di emergenza da cui ottenere riserve. In mezzo c’è il tasso obiettivo della BCE, cioè il tasso attorno al quale le banche si scambiano le riserve. Questo tasso monetario a breve diventa l’architrave di tutto il sistema dei tassi di mercato a più lungo termine.

Per contrastare crisi finanziaria prima e pandemia poi, la BCE ha messo a disposizione delle banche centinaia di miliardi di euro di riserve, ben oltre le necessità della riserva obbligatoria (poco più di cento miliardi), riserve successivamente accresciute dalle operazioni di acquisto di titoli di Stato (quantitative easing), tanto che oggi le banche hanno riserve per oltre tre trilioni e mezzo di euro. Nello scorso decennio tale eccesso di riserve ha fatto sì che il tasso di interesse nell’interbancario venisse schiacciato al pavimento del corridoio dei tassi. Il sistema è così diventato “a pavimento”, o regime a riserve ampie. Di necessità virtù, il tasso di interesse obiettivo della BCE è diventato quello sul deposito marginale. Sin tanto che la montagna di riserve giacente nel deposito marginale era remunerata a tasso zero o negativo non c’erano problemi. Questi sono invece insorti dal 2022 col rialzo dei tassi. Attualmente la BCE paga il 4% sui €3.603 miliardi di riserve in eccesso, cioè più di €144 miliardi all’anno. Cumulate su più anni e per quanto per vari motivi in diminuzione, si tratta di cifre considerevoli che rappresentano un sussidio de facto al sistema bancario. Per l’Italia al danno si unisce la beffa: buona parte di questi sussidi sembrano andare a vantaggio delle banche dei Paesi del nord dove per diversi motivi si concentra la liquidità in eccesso. Le norme europee impongono però che il loro costo sia condiviso fra tutte le banche centrali dell’Eurosistema, sicché la Banca d’Italia si trova a sussidiare le banche tedesche intaccando i profitti trasferiti al Tesoro italiano, fra cui la restituzione degli interessi sui titoli di Stato acquistati nell’ambito del quantitative easing. Comprensibilmente, alle grandi banche tedesche e alla Bundesbank pare le cose stiano benissimo così.

Ma non si può ritornare al passato, al regime con riserve scarse? Le banche centrali stanno assorbendo l’eccesso di riserve col quantitative tightening. Le banche si sono però assuefatte al regime con ampie riserve che sono il safe asset per eccellenza ai fini delle regolamentazioni prudenziali. Fed e Banca d’Inghilterra hanno così deciso di rimanere nel regime di riserve abbondanti, pur riducendole progressivamente. La BCE pare avviata su questa strada. Come abbiamo visto, riserve ampie hanno tuttavia un costo non trascurabile per i contribuenti.

Una soluzione è quella di ampliare l’obbligo di riserva (dall’1% al 5-10%) a tasso zero, lasciando così solo parte delle riserve nel deposito marginale a tassi positivi. La BCE ha già azzerato la remunerazione sulla riserva obbligatoria, che però è oggi poca cosa. Un obbligo al 5-10% potrebbe tuttavia ritorcersi contro le banche italiane che hanno minori eccessi di riserve costringendole, per ottemperare all’obbligo, a indebitarsi con le banche nordiche o ad approvvigionarsi presso la BCE a tassi molto onerosi (a fronte di una remunerazione zero sull’obbligo medesimo). Come minimo la BCE dovrebbe consentire la soddisfazione dell’obbligo di riserva a un tasso zero.

Non sono scelte semplici, in primis per le autorità monetarie italiane. Si devono però evitare polveroni per non dare spago ai falchi del nordeuropei per porre sotto accusa le trascorse politiche anti-crisi della BCE. Va piuttosto appreso come utilizzarle meglio nel futuro prevenendo danni collaterali.

Glossario

Riserve Una moneta digitale emessa dalla banca centrale che circola fra i conti correnti che le banche commerciali hanno presso la banca centrale e con cui esse eseguono gli ordini di pagamento e ottemperano all’obbligo di riserva (1% nell’eurozona).

Sistema a corridoio o a riserve scarse La banca centrale centellina le riserve facendo in modo che le banche se le scambino nel mercato interbancario a un tasso che è al centro del corridoio.

Sistema a pavimento o a riserve ampie L’abbondanza di riserve schiaccia il tasso di interesse di mercato al pavimento del corridoio.

Deposito marginale Il pavimento del corridoio dove giace l’eccesso di riserve a un tasso che è ora molto oneroso per i contribuenti.

Quantitative easing (QE) La banca centrale compra titoli pagandoli con la creazione di riserve

Quantitative tightening (QT) La banca centrale non rinnova l’acquisto dei titoli quando maturano. In questo modo essa riassorbe le riserve emesse col QE.

*Ordinario di Politica monetaria europea all’Università di Siena. Ha appena pubblicato un working paper sugli argomenti dell’articolo (Quaderni DEPS n. 904).

Sergio Cesaratto
Sergio Cesaratto (Rome, 1955) studied at Sapienza, where he graduated under the direction of Garegnani in 1981 and received his doctorate in 1988. He obtained a Master's degree in Manchester in 1986. He worked as a researcher at CNR where he was of Innovation Economics. In 1992 he became a researcher at La Sapienza, and then associate professor in Siena where he teaches Economic Policy and Development Economics.

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