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Effetti collaterali del rialzo dei tassi

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E' tempo di riavviare questo blog. Posto due pezzi simili usciti qualche settimana fa, il primo su Lavoce.info Per saperne di più qui  Danni collaterali del rialzo dei tassi Sergio Cesaratto* La BCE e le altre maggiori banche centrali stanno erogando alle banche commerciali un considerevole flusso di interessi sulle cospicue riserve bancarie che esse hanno accumulate negli anni del quantitative easing (QE). Nella zona euro al tasso corrente del 4% su €3.587 miliardi (al 20/10/2023) fanno più di €143 miliardi all’anno. Per quanto in diminuzione, si tratta di cifre notevoli, soprattutto se cumulate su più anni. Tali costi comportano probabili perdite per le banche centrali nazionali (BCN) dell’Eurosistema che azzerano la loro capacità di trasferimento dei diritti di signoraggio ai

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 E' tempo di riavviare questo blog. Posto due pezzi simili usciti qualche settimana fa, il primo su Lavoce.info

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Danni collaterali del rialzo dei tassi

Sergio Cesaratto*

La BCE e le altre maggiori banche centrali stanno erogando alle banche commerciali un considerevole flusso di interessi sulle cospicue riserve bancarie che esse hanno accumulate negli anni del quantitative easing (QE). Nella zona euro al tasso corrente del 4% su €3.587 miliardi (al 20/10/2023) fanno più di €143 miliardi all’anno. Per quanto in diminuzione, si tratta di cifre notevoli, soprattutto se cumulate su più anni. Tali costi comportano probabili perdite per le banche centrali nazionali (BCN) dell’Eurosistema che azzerano la loro capacità di trasferimento dei diritti di signoraggio ai propri governi oltre a intaccarne il capitale. All’estero se ne è discusso ma ancora poco in Italia. Eppure l’ampia remunerazione sulla liquidità bancaria sembra andare a vantaggio soprattutto delle banche dei Paesi del nord dove si concentra la liquidità in eccesso, e non di quelle italiane. Le norme impongono che il suo costo vada però condiviso fra tutte le BCN dell’Eurosistema, sicché la Banca d’Italia si trova a sussidiare le banche tedesche intaccando i profitti trasferiti al Tesoro italiano, inclusa la restituzione degli interessi sui titoli che la Banca ha acquistato gli scorsi anni. Proviamo a riassumere la vicenda (per i dettagli rimando a un mio working paper).

Le cause

Prima della crisi finanziaria del 2008 vigeva un regime operativo della politica monetaria definito “a riserve scarse” o “a corridoio”, nel quale le riserve create dalla banca centrale sono giusto sufficienti alle banche commerciali per ottemperare all’obbligo di riserva obbligatoria più un piccolo margine di sicurezza. Poiché le riserve si muovono fra le banche per eseguire i nostri ordini di pagamento, quando una banca si trova in eccesso di riserve le presta a quelle in difetto nel mercato interbancario a un tasso che si muove all’interno di un corridoio fissato dalla BCE. Il pavimento del corridoio è il tasso sul deposito marginale, lo sportello dove può essere lasciato l’eccesso di riserve; il soffitto è il tasso sul prestito marginale, uno sportello di emergenza da cui ottenere riserve. In mezzo c’è il tasso obiettivo della BCE, cioè il tasso attorno al quale le banche si accordano nello scambiarsi le riserve. Questo tasso a breve termine diventa l’architrave di tutto il sistema dei tassi a più lungo termine.

In seguito alle politiche “non convenzionali” dello scorso decennio, la BCE ha immesso centinaia di miliardi di euro di riserve, ben oltre le necessità della riserva obbligatoria (poco più di un centinaio di miliardi), quantità accresciuta dalle operazioni di acquisto di titoli di Stato (QE), tanto che oggi il sistema bancario ha riserve di oltre tre trilioni e mezzo di euro. Tale abbondanza ha fatto sì che il tasso di interesse nell’interbancario venisse schiacciato al pavimento del corridoio dei tassi. Il sistema è dunque diventato “a pavimento”, o “a riserve ampie” e il tasso di interesse obiettivo della BCE è diventato de facto quello sul deposito marginale. Il fatto che tale tasso fosse negativo ha fatto tuttavia sì che le enormi riserve in eccesso delle banche non destassero preoccupazione.

Tutto è però cambiato col ritorno dell’inflazione e dei tassi in territorio positivo. La remunerazione delle riserve in eccesso è oggi al 4% ed ecco le decine di miliardi che le banche stanno ora ricevendo.

Le soluzioni

Ma non si può tornare indietro ripristinando il regime a corridoio? Vanno in questa direzione i programmi di quantitative tightening (QT) che le banche centrali hanno intrapreso non rinnovando l’acquisto dei titoli acquistati col QE man mano che scadono. Tuttavia, le banche si sono nel frattempo assuefatte allo scudo costituito dalle abbondanti riserve, in particolare in quanto costituiscono il safe asset per eccellenza ai fini delle regolamentazioni prudenziali. Nel 2019 la Federal Reserve sperimentò gli effetti destabilizzanti sui tassi di un QT troppo affrettato. Nell’euro area a destabilizzare potrebbe anche essere il debito pubblico italiano, sì da consigliare prudenza. La Fed e Banca d’Inghilterra hanno dunque già deciso di rimanere nel regime di riserve abbondanti, pur riducendone progressivamente la quantità. La BCE pare avviata su questa strada. Riserve ampie seppur progressivamente ridotte hanno tuttavia un costo non trascurabile per Stati e contribuenti.

Una soluzione proposta è quella di ampliare adeguatamente l’obbligo di riserva obbligatoria (dall’odierno 1% dei depositi al 5-10%) remunerandola con un tasso zero, lasciando così solo parte delle riserve nel deposito marginale a tassi positivi. La BCE ha flirtato con tale soluzione azzerando gli interessi sulla riserva obbligatoria, che sono però poca cosa. Comprensibilmente dal loro punto di vista, le grandi banche tedesche e la Bundesbank sembrano opporsi a un innalzamento cospicuo della riserva obbligatoria. Una misura incisiva potrebbe tuttavia ritorcersi contro le banche italiane che hanno minori eccessi di riserve: una più ampia riserva obbligatoria potrebbe costringerle a prenderle a prestito dalle banche nordiche a un tasso superiore a quello che queste ultime già ottengono dalla BCE; oppure ad approvvigionarsi presso la BCE al tasso sulle operazioni di rifinanziamento, anch’esso più alto del tasso sul deposito marginale. Tenuto conto che la riserva obbligatoria non sarebbe più remunerata, i costi per le nostre banche sarebbero severi e potrebbero scaricarsi sul costo del credito, intralciando peraltro una uniforme trasmissione della politica monetaria all’intera eurozona. Una soluzione da studiare potrebbe essere di assicurare alle banche a corto di riserve uno sportello di approvvigionamento presso la banca centrale a tasso zero.

Sarebbe importante che la BCE informasse i cittadini europei su questa vicenda. Si deve però mostrare prudenza per non fornire argomenti ai falchi del nord d’Europa per porre sotto accusa le trascorse politiche non convenzionali della BCE (“ve la siete voluta”). Va invece compreso come fare un uso migliore di queste ultime scongiurandone i danni collaterali.

* Sergio Cesaratto è professore ordinario di Politica monetaria e fiscale dell’UME presso il Dipartimento di Economia politica e statistica dell’Università di Siena.

Sergio Cesaratto
Sergio Cesaratto (Rome, 1955) studied at Sapienza, where he graduated under the direction of Garegnani in 1981 and received his doctorate in 1988. He obtained a Master's degree in Manchester in 1986. He worked as a researcher at CNR where he was of Innovation Economics. In 1992 he became a researcher at La Sapienza, and then associate professor in Siena where he teaches Economic Policy and Development Economics.

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